martedì 6 gennaio 2015

Vecchio mio



Ti ho mai detto, vecchio mio, che mi piaceva andare in giro con te?
Che c’era sto bisogno marcio di vita, quello delle ore piccole e il rum, che io manco sapevo cos’era se non me l’avessi spiegato anche tu.
E ti ho mai detto che non sarebbe stato uguale, andare allo Stadio senza che ci fossi tu?
Sai quando si urlava la rabbia dietro a una palla, che sembra la nostra esistenza che rotola storta e tutte le volte prendi il palo e non fai mai gol. Ma almeno non si è soli, passa la paura e domani chissà.
Ti ho mai detto che ti avrei dato delle testate, vecchio mio, quando diventavi duro come un uscio e silente come un muro? Quando sembravi una bomba nucleare che a parlarti ti scoppia in culo e allora facciamo un’altra volta e per il resto Forza Bologna e poi più.
Perchè ognuno c’ha i suoi cazzi e ciascuno ha i cazzi suoi, vecchio mio, quindi smettila di stare dove cavolo stai e torna a giocare con noi. Che poi arriva quel tempo bastardo, maledetto e porco, in cui vorresti giocare ancora e non puoi più.
Ti ho mai detto, vecchio mio, che ci facevi ridere un sacco?
E io allora non ridevo tanto mentre invece adesso di più. Forse perché mi sono accorto che era bello ridere così ed ho capito che, in fondo, ridere è meglio.
Ti ho mai detto dei tuoi orologi del cazzo e della tua caviglia d’acciaio e dei tuoi scooter grandi come elicotteri? Delle camicie, delle mutue, dei capelli sempre a posto e di quanto cazzo mi dispiace.
Vecchio mio, tante cose non ti ho detto e tante cose ti direi.
Ti salterei in schiena, ti porterei in Spagna e berremmo coca e rum.
Poi guarderemmo il sole calare, mangeremmo gamberetti e parleremmo di amore, filosofia e di ciò che ancor ci rende la vita amara.
Tipo il Bologna in serie B.
Oppure resteremmo sempre qui, vecchio mio, alberi piantati nel cuore di Bologna. Perplessi e ostili al mondo che cambia, ebbri di bellezza, ubriachi di noia, sempre giovani, sempre freschi, sempre marci come la vita, quella cazzo di vita che non c’è più.