Ti
ho mai detto, vecchio mio, che mi piaceva andare in giro con te?
Che
c’era sto bisogno marcio di vita, quello delle ore piccole e il rum, che io manco
sapevo cos’era se non me l’avessi spiegato anche tu.
E
ti ho mai detto che non sarebbe stato uguale, andare allo Stadio senza che ci
fossi tu?
Sai
quando si urlava la rabbia dietro a una palla, che sembra la nostra esistenza che
rotola storta e tutte le volte prendi il palo e non fai mai gol. Ma almeno
non si è soli, passa la paura e domani chissà.
Ti
ho mai detto che ti avrei dato delle testate, vecchio mio, quando diventavi
duro come un uscio e silente come un muro? Quando sembravi una bomba nucleare
che a parlarti ti scoppia in culo e allora facciamo un’altra volta e per il
resto Forza Bologna e poi più.
Perchè
ognuno c’ha i suoi cazzi e ciascuno ha i cazzi suoi, vecchio mio, quindi smettila
di stare dove cavolo stai e torna a giocare con noi. Che poi arriva quel tempo bastardo,
maledetto e porco, in cui vorresti giocare ancora e non puoi più.
Ti
ho mai detto, vecchio mio, che ci facevi ridere un sacco?
E
io allora non ridevo tanto mentre invece adesso di più. Forse perché mi sono
accorto che era bello ridere così ed ho capito che, in fondo, ridere è meglio.
Ti
ho mai detto dei tuoi orologi del cazzo e della tua caviglia d’acciaio e dei
tuoi scooter grandi come elicotteri? Delle camicie, delle mutue, dei capelli
sempre a posto e di quanto cazzo mi dispiace.
Vecchio
mio, tante cose non ti ho detto e tante cose ti direi.
Ti
salterei in schiena, ti porterei in Spagna e berremmo coca e rum.
Poi
guarderemmo il sole calare, mangeremmo gamberetti e parleremmo di amore,
filosofia e di ciò che ancor ci rende la vita amara.
Tipo
il Bologna in serie B.
Oppure
resteremmo sempre qui, vecchio mio, alberi piantati nel cuore di Bologna. Perplessi
e ostili al mondo che cambia, ebbri di bellezza, ubriachi di noia, sempre
giovani, sempre freschi, sempre marci come la vita, quella cazzo di vita che non c’è più.