La Spagna che eravamo
noi
era una musica di
toreri morti
suonata su rimpianti di
flamenco
nel vento di Tarifa.
Era Madrid che gronda
calore
e paella, churros e tortilla
nelle notti sbronze
di Puerta del Sol.
Era quel toro davanti
alla Francia
solenne guglia di Gaudì
ed era un odore acre di
fumo
quella maledetta Spagna
che eravamo noi.
C’era la terra rossa nei
campi di Castilla
quando divoravamo chilometri
grandi come pianeti.
C’erano discorsi che non
capivamo
nelle nostre anime assopite
di Cruzcampo.
E c’era un continente
nascosto dietro
il mare, in quel posto
fatto coi sogni
che era la dolce Andalusia.
Io non so se ti ho mai
capita
bastardo posto di
fascismo
e libertà,
ma so che a volte ti
piangevo
ed eri oscena e candida
e viva
come un’amante che non
c’è più.
Poi sei sparita dentro
gli inverni
che hanno spento il
colore
sputato sul flamenco
e zittito per sempre il vento.
Quel caldo vento d’oriente
che vorrei mi portasse ancora
a bere la libertà
in quella cazzo di Spagna
che non siamo più noi.
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