martedì 16 luglio 2013

Che cos'è l'Amour



In balìa di un insperato pomeriggio libero, decido di spianare la giacca da intellettuale e infilarmi in un cinema dessè. Per chi non lo sapesse, i cinema dessè sono quelli in cui si vede male, l’età media è alta e le poltrone ti fanno il culo quadro.
Ma la tua giacchetta ci fa la sua porca figura.
Il film in programma è “Amour”, di Michael Haneke, quello che tutte le volte che va a Cannes vince una Palma d’oro, due Castagni d’argento, un Pino di platino e pure il Festival di Sanremo.
A me, per inciso, piace un sacco, sin dai tempi di “Guerre Stellari”.
Accomodatomi, per quanto possibile, in sala, mi guardo intorno e mi compiaccio della scelta: lo spettatore meno anziano ha 70 anni.
Ne consegue che io mi sento giovanissimo.
Buio.
Mentre il film evolve, capisco la portanza etimologica della trama. La quale è che una coppia molto anziana vive a Parigi e si ama tantissimo, così tanto che quando lei ascolta l’adorato Beethoven, lui spegne la Champion’s, indossa un sorriso di plastica preso al mercatino delle pulci e tira un sacco di madonne.
Però sottovoce, perché c’è tanto amour.
Al minuto 7 lei si ammala.
Strano perché era un fiore di ragazza, non lo si sarebbe mai detto.
La prima conseguenza in sala è che tutto il pubblico comincia ad accusare qualche dolorino, sfiorarsi lo sterno, toccarsi le balle. Questo sì che è immedesimarsi con le avventure del protagonista!
La storia ovviamente si fa un po’ straziante: l’incedere lento della malattia, il dolore, la difficoltà di rapportarsi al mondo, le tenerezze. Il regista con pudore glissa sul marito della donna, che in cucina tutto solo si spara il Paris Saint Germain e piscia sui dischi di Beethoven.
Io, che sono un cinefilo talmente serio che per questi film mi porto il termos di caffè da casa, sgancio la mia lacrimuccia di ordinanza e tiro su una goccetta col naso.
Subito mi arriva un fazzoletto dalla poltrona a fianco, dove la nonna delle gemelle Kessler mi sorride come avesse una paresi, mi fa l’occhiolino e si carezza una ciocca della parrucca.
Hai capito sti cinema d’essè che si cucca pure!
Purtroppo la signora non è del tutto il mio tipo - ma per poco, sia chiaro - così le mollo due etti di moccio nel fazzoletto e glielo restituisco.
Prima però lo ripiego e per gentilezza le faccio pure un tirino e mi passo la lingua tra le labbra, con evidente accezione pornografica.
Credo abbia avuto il ricordo di un orgasmo, ma non vorrei vantarmi troppo.
Certo è che si mette a fare la sostenuta e smette di guardarmi, la veterana di chissà quante battaglie.
Io mi faccio un sorso di caffè.
Glielo offro pure ma lei rifiuta.
Mah…nonne, valle a capire.
Poi il film finisce, a causa della sorprendente morte della malata.  
Io mi alzo, mi aggiusto la giacca da intellettuale e penso che forse Guerre Stellari era meglio.
Forse.
Mi avvio all’uscita, ascolto i commenti finto straziati di chi pregusta analogie tra il film e il destino della propria moglie, e appoggio una zampa sul chiappone screpolato della mia cara nonnina.
Un po’ perché ho deciso che, per una volta, vorrei vantarmi.
Un po’ perché non è bello vivere solo di ricordi.
E un po’ perché in fondo, nella vita, a far del bene ci si guadagna sempre.

P.S. Smentisco tutto: la signora non sembrava la nonna delle Kessler, ma di Iva Zanicchi, il film è bello e “Guerre Stellari” non è di Haneke.
E’ di Coppola…

2 commenti:

  1. Riso di gusto. E Amour è un capolavoro. Com'è andata poi con la nonnina???
    Santonas

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    Risposte
    1. ehh...oggi che ha fatto meno caldo va meglio, ma i giorni scorsi è stata dura. Continua a dire "dai che potrebbe essere l'ultima", ma non schiatta mai. Però fa un'eccellente minestrina in brodo col formaggino.

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