Io non lo so come
è fatto l’amore che va via. Non so se somigli a un gabbiano che scappa sul
mare, a una nuvola che si scioglie al sole o a un treno che parte il mattino
presto, da un grigio autunno di Gare de Lyon.
Non so che faccia
ha, questo amore che va via, ma so che ha gli occhi rossi del mio pianto
acerbo, di fazzolettini nascosti sotto il cuscino e di parole trattenute, per
sembrar diversi da sé.
Ha il colore
rosso della paura, del sangue e del tramonto che ti reca in dono la notte, nera
puttana dei tuoi tarli amari. Ha le mani capienti, l’amore che va via, perché
porta con sé tutto il mondo che ti circonda, lo sevizia e lo maltratta e lo
getta in un burrone, cupo burrone ripieno di stracci, dove riesci a sfiorarlo
solo con le unghie affilate dei ricordi. Ti lascia solo una carezza e un
flagello, per crederti aggraziato mentre ti sputi addosso le tue colpe.
Come vorrei
smettere di guardarlo, questo amore che va via, pallido riflesso marcio
dell’amore che arriva. Come vorrei tornare ad essere me stesso, ad essere noi
stessi, e dirsi che non importa che faccia ha, sto maledetto amore che va via,
perché in fondo, tempo dopo tempo, lui è ancora qui.
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