Sullo scorcio degli eroici anni dieci,
a Termini Imerese viveva un tornitore di indole burbera, nome strano e fattezze
pre-moderne: George Bailey. George non era stimatissimo in fabbrica: nessun
amico, zero vita sociale e ogni anno la consueta bocciatura alle votazioni
della Fiom, perché un programma basato sul radere al suolo Torino con
un’atomica non pareva del tutto in linea con il pensiero di Landini.
Con tale frustrazione nel mondo del
lavoro e tali sembianze neandertaliane in viso, George faticava ad avere
rapporti col gentil sesso. I maligni mormoravano che persino la prode
Carmelona, che batteva al porto ed si diceva avere un record di 58 marinai
nigeriani espletati in una notte, si tirò indietro di fronte a quell’ammasso di
carne sudata e pelo unto. Queste dicerie ferivano profondamente il nostro, che
si straziava perché nessuno capiva che lui, dentro quel cappotto, nascondeva
non solo un grande cuore, ma anche due polmoni, un po’ di reni, la milza, le
cervella e quattro etti di trippa, perché George è un ghiottone e quando passa
dal macellaio le interiora le prende tutte.
Così un giorno, durante il pranzo,
George si ritrovò a spazzolare via quelle delicatezze davanti a un vecchio
compagno d’avventure, complice fidato di tutte le sue peripezie erotiche: un
Philips 52 pollici a cristalli liquidi made in Taiwan, che nella vita ne aveva
viste tante ma non le raccontava a nessuno, specialmente da quando s’era rotto
l’audio. "Phil" era uno schermo talmente perfetto da ricalcare con
fedeltà i morbidi contorni dell’angelo dei sogni di George, la donna che gli
sussurrava gentilezze di giorno, gli parlava con sobrietà la sera e gli gridava
una marea di porcate la notte, quando nelle fantasie di George i due si
avvinghiavano frantumando record erotici uno via l’altro.
Sì, era proprio lei: il diavolo del
peccato, l’angelo della lussuria, la regina della scabrosità, altrimenti detta
“dieci piani di torbidezza”… Rita Dalla Chiesa!
Davanti a Forum, di solito George
entrava in trance e pendeva dalle sue labbra carnose, ritrovandosì così
arrapato da leccare un fegato sognando fosse una mammella; ma quel giorno lei
doveva sentirsi particolarmente frivola, tanto da comportarsi da scostumata e
mandare nientemeno che un bacetto a casa. Sdeng! Per George fu uno shock inaudito.
In 30 secondi ebbe le palpitazioni, le traveggole, un giradito, l’herpes zoster
e un orgasmo fotonico. Il che era seccante, perché George tende a una
sessualità animalesca, con una versificazione gutturale un po’ spinta…insomma
grida come un orco, sembra Tarzan quando King Kong per gioco gli tira i calci
nelle palle.
Una volta mandati via i carabinieri, la
protezione civile e due fan di Tarzan accorsi in caccia di autografi, George
ritornò con la mente a quelle immagini provocanti, e siccome la memoria è
pescatrice, esagerò nei dettagli e credette di aver intravisto nel
comportamento impudico della sciagurata persino un occhiolino, un
accavallamento di gambe, financo una puntina di lingua! Fu troppo: altro
triplice orgasmo, estasi, vertigine, paradiso, campi elisi, eden, valhalla,
poi… George sentì rompersi qualcosa dentro.
“Porca troia un molare!”, gridò
tenendosi la bocca dolorante.
Fu ancora più troppo di prima! George,
dopo aver fatto gli sciacqui gengivali col whisky, si ribellò al destino ingrato,
decise che quella donna era la giusta ricompensa per una vita così avversata
dalla sorte e partì per Roma, gridando: “Arrivo subito Rita!!”.
Tre anni dopo George suonò al
campanello degli studi dove si registrava Forum. Aveva perso un po’ di tempo per
strada perché il traghetto per la Calabria fece naufragio e George si spiaggiò
a Malta, da dove fuoriuscì imbarcandosi su un cargo argentino, che però fu
assalito dai pirati facendo naufragio ad Haiti. Da qui George venne tirato su
da un tre alberi turco, ma ributtato a mare perché tentò di convincere i
marinai sfruttati a incendiare la nave. “Come fece Landini quando era mozzo su
Luna Rossa”, sobillò.
Dopo aver girato per petroliere,
pescherecci e navi mercantili -tutti affondati- si iniziò a spargere l’assurda
diceria che George portasse male.
“Cazzate!”, disse lui mentre faceva la
vedetta su una nave da crociera al largo di Pantelleria, pieno agosto, sole a
picco, 48 gradi all’ombra se solo esistesse l’ombra in mare.
“E allora quello che abbiamo lì davanti
cosa sarebbe, un iceberg?”, aggiunse da buon sbruffone.
Due ore dopo, tornando a nuoto con
ancora un pezzetto di ghiaccio tra i capelli, George non smise di pensare
neanche un istante alla sua amata Rita. Neppure quando gli altri superstiti
cercarono di annegarlo.
Così, quando appoggiò il dito sul
campanello di Mediaset, la sua pelle era levigata dal mare, i capelli erano
scottati dal sole, il naso frantumato dai cazzotti, ma il cuore era ancor pieno
di indomita passione. Ahhh quanta ansia c’era in quel volto tumefatto, quanto
tremore in quel dito sul campanello, quanta attesa per quel fatidico momento,
ma ora finalmente... la porta si spalancò e apparve Carmen Russo.
“AHHHH”, gridò lei davanti a quel viso
devastato dal destino.
“AHHHH” rispose lui davanti a quel
corpo tanto evocato in passato, poi la stese con una testata ed entrò.
George si ritrovò immerso nello
scintillante mondo della televisione italiana, pieno di stelle, stelline,
stellette e stallone. Arrivato davanti a una grande porta con scritto ‘Forum’,
non ci vide più dall’eccitazione e la sfondò con un calcio, gridando “Rita ti
amooo!!!”. Venne subito placcato da “quello coi capelli rossi di Forum che
faceva la Terza C ma poi è dimagrito”, che a dispetto della dieta tirava delle
pizze non male. Poi gli furono addosso in 97: addetti alla sicurezza, guardie
del corpo, Ranger, Marò, Nocs, Cia, Fbi, Coop, Conad, Anas, Cobas, Sampras,
Cska, Panhatinaikos e tutto lo Sparta Praga, riserve comprese. Chiudevano la
fila quattro agenti del Mossad, in gita premio dopo aver fatto fuori venti
dirigenti di Hamas, e Totò Schillaci, che passava di lì per caso e due calci
per tenersi in forma li dava sempre volentieri. George venne portato via di
peso, nonostante cercasse di seminare zizzania: “Siete schiavi di Mediaset,
dovete venire alla Fiom! ‘Sto mese c’è anche un set di pentole in omaggio”
gridò scalciando come un ossesso.
Paf! George venne scaraventato sul
selciato, come un avvinazzato qualsiasi, un etilista tra i tanti, un ubriacone
senza nome…insomma un alcolista anonimo. Faceva quasi tenerezza il nostro
mentre rilanciava l’ultima minaccia: “Adesso chiamo Landini e faccio bombardare
Arcore!!”.
Rinunciare ai propri sogni è terribile,
è come una discesa agli inferi, anzi peggio perché almeno all’inferno un drink
con John Belushi, due canne con Jim Morrison o una ciulatina con Marylin
saltano sempre fuori, invece in quella città ostile non c’era alcun sollievo
per il povero George. Finì presto preda dell’alcol, della droga, e per finire
dei ghiaccioli all’amarena del bar Venezia, che ha ancora i cof come quelli di
una volta che sono buonissimi perché quando li succhi hanno un rilascio
dolcissimo in bocca, invece quelli moderni diventano bianchi subito ed è una
fregatura considerando che costano un euro.
George in disarmo si piazzò all’uscita
dei supermercati e cominciò a chiedere l’elemosina. Ma, sarà la faccia che non
ispira fiducia, sarà la mancanza del cane, sarà che il cartello con scritto
“aiutatemi, ho voglia di un ghiacciolo” non rendeva bene l’idea di un uomo alla
deriva, George non guadagnava una mazza. Dopo soli tre giorni, senza più
speranze e senza amore a scaldargli il cuore, si issò su un ponte, disse addio
alla sua amata Rita e si preparò a morire asfissiato per le esalazioni
mefitiche del Tevere. Ma si spalancò una nuvola, si sentì un tuono impetuoso e
una voce possente: “Mannaggia la miseria Pietro, t’avevo detto: non mi fare i
broccoli che sto prendendo gli antibiotici! E tu niente. Ma porco Giuda!!!”
“Comandi capo!!”
“Non dico a te, cretino traditore, sto
parlando con Pietro, Cristo santo!!”
“Eccomi papà!”
“Noooo!! Ma possibile che non si possa
mai bestemmiare qui? Pietro, manda giù un angelo a salvare quella bestia. Ma se
inizia a dire: “la barca della Chiesa fa acqua da tutte le parti, ci penso io”,
tu non ascoltarlo. Chiaro?”
“Per Dio!”
“Dimmi Pietro”
“No capo, dicevo ‘per Dio’ come dire
‘per la Madonna’”
“Qualcuno mi cerca??”
George assisteva allibito alle
difficoltà comunicative del Paradiso, quando in un baleno gli comparve al fianco
un piccolo angelo, di indole tenera e nome da pirla: Clarence Obboddy, che
affrontò subito la questione di petto e disse: “La Rita è un cesso”.
George scese dal ponte e lo picchiò per
4 ore e 26 minuti, tempo sufficiente per fargli passare gli istinti suicidi e
per ricordargli che, se si fa un po’ di sport, la vita è bella. Poi i due
andarono a mangiare un’amatriciana e a bere vino dei castelli, come se gli
strazi di una vita non avessero lasciato cicatrici nell’anima. Perché Clarence
aveva questa capacità di farti sentire subito a tuo agio, e se per caso ti
tornavano i cinque minuti, lui ti porgeva l’altra guancia, una mazza e ti
diceva: “Picchia a destra, che a sinistra mi sta venendo su il dente del
giudizio universale”.
Quella notte George capì che l’amicizia
è la cosa più importante, in questa Terra che ti divora l’anima con la fiamma
ingorda dell’avidità, e mentre il suo cuore si svuotava di tutto il male
accumulato negli anni, il suo viso si fece quasi aggraziato e George dimenticò
la Rita tra le braccia dell’Anita, che lavora sulla Tuscolana e se non fai caso
ai buchi nei denti è meravigliosa pure lei.
Nel languido abbandono del dopo, con
una sigaretta in una mano e una chiappa dell’Anita nell’altra, George ebbe
un’idea fulminante, sollevò il telefono e chiese a Clarence: “Senti un po’, ma
su… a livello lavorativo, come siete messi?”
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