Continuo a mal
sopportare questa retorica indossata da tanti in queste luttuose occasioni. La
retorica tardo internazionalista e paleo-cristiana che racconta che i morti son
tutti uguali. Non è vero. Il dispiacere per la perdita di vite umane dipende
dalla nostra distanza emotiva dal lutto. E’ un fatto di una banalità e di una
ovvietà sconcertante, se solo si pensasse ai lutti in famiglia, eppure ogni
volta che muore qualcuno, si parli di singoli o di moltitudini, sentiamo levarsi
la pletora degli indignati che dicono “però per quelli là non avete sofferto
così”.
E’ vero.
Confesso.
Per quelli là non ho
sofferto così.
E neanche voi.
O forse volete dirmi,
amici della mia città, che 85 morti sconosciuti in Zimbabwe vi toccano quanto
85 morti sconosciuti alla stazione di Bologna?
Volete raccontarmi che
i morti del terremoto dell’Aquila vi amareggiano quanto quelli di un terremoto
in Cina?
Volete davvero negare
che i morti nelle strade di Parigi, laddove siamo stati tutti e vi abbiamo
amato e riso e bevuto buon vino, sono diversi da quelli di Beirut?
Quello che non capisco
è: perché credete che ammettere questo fatto celi un razzismo di fondo, una
svalutazione delle vite lontane, invece di raccontare SOLTANTO una vicinanza
con anime affini?
La stessa cosa accade ogni
volta che muore una persona famosa. La gente racconta sui social il proprio
dolore e s’alza forte il grido “quando muore un operaio non succede tutto sto
casino!”
No, non succede.
E non succede neanche
quando muore un imprenditore.
Un disoccupato.
Un giardiniere.
Un bidello.
Un barista.
Un giocatore di bridge.
Non è solo l’uniformarsi
a un costume benvoluto dalla società, e non è il disinteresse intimo verso
problematiche sociali.
E’ che la persona
famosa ci ha regalato emozioni che hanno contribuito a fare di noi ciò che
siamo.
La persona sconosciuta
no.
La persona nota ci è
emotivamente vicina.
La persona altra no.
Il mondo intimo di
ciascuno di noi, che vi piaccia o no, è diviso in noi e gli altri.
Che non sono peggio di
noi, che non sono meno di noi.
Sono solo gli altri.
Questo non significa
che non dobbiamo indignarci o incazzarci per le morti assurde sul lavoro.
Dobbiamo protestare e
porvi rimedio mediante LA POLITICA.
Intesa in senso
primitivo e genuino.
Ma significa che non mi
dovete frantumare i coglioni ogni volta che esprimo un mio sentimento intimo e
mi sento scosso.
Perchè per una volta,
araldi avvelenati del pensiero negativo, potreste provare a credere che ciò che
sembra, semplicemente, è.
Il dolore è dolore.
La vicinanza è
vicinanza.
I cazzi miei, santa
banana, son cazzi miei.
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