sabato 7 dicembre 2013

In morte di Nelson Mandela


Tranquilli, non canterò nessun peana all'eroe degli ultimi, né tesserò le lodi del grande uomo che col suo sacrificio ha saputo cambiare la storia.
Non perchè non ci creda ma perchè lo hanno già fatto, benissimo, tanti altri.
E perchè, se non sopporto quelli che salgono sul carro dei vincenti, ancor meno sopporto chi sale sul carro dei morti. Ma anche questo discorso lo hanno fatto meglio gli altri, per esempio un colossale Zerocalcare.
Questo post del tutto inutile è la riproposizione di una roba che scrissi tempo fa su "Scrivila ancora Sam", e che cerca di dimostrare in modo scientifico e inoppugnabile i motivi per cui Invictus è un film di merda. 
E se non siete d'accordo pazienza.


“In una storia nulla progredisce se non attraverso il conflitto. Il conflitto sta alla narrazione come il suono sta alla musica (…) La legge del conflitto è ben più che un semplice principio estetico; è l’anima della storia” Robert McKee.

1) Ostacoli e scelte.
Riassumo un concetto cardine: Il protagonista ha un desiderio, ma incontra degli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione e lo costringono a delle scelte. Tali scelte ci dicono chi è.
Se il protagonista è Nelson Mandela tutto il suo arco narrativo si esaurisce all'inizio del film: lui vuole unire il Sud Africa, che non ne ha tanta voglia, e decide di farlo con il rugby. Fine degli ostacoli, fine delle scelte. In un certo senso tutto ciò che accade da lì in poi non lo riguarda: non lo costringe ad altre scelte, non lo mette di fronte alle sue paure, non lo cambia. La sua scelta è data in partenza e nessun conflitto interiore o esteriore ne scuote le sue certezze zen: non è un uomo, è un Dio.
Io ho il massimo rispetto per questo grande uomo, però questa per me non è una storia, è una agiografia. E non mi interessano gli dei, mi interessano gli uomini.

2) Allora il protagonista è il Sud Africa...
Se una storia è l'arco narrativo di un personaggio che cambia a 180° (banalizzando: se è triste diventa felice, se è cattivo diventa buono ecc.) allora è la nazione il vero protagonista del film. E' il processo di unificazione di un paese stretto attorno al suo pugno di eroi. Bene...d'accordo. Ma perchè un cambiamento sia interessante deve essere denso di ostacoli, di scelte da compiere, di conflitto!!! Se la conclusione è l'unità, l'inizio deve essere una estrema divisione. Nel mio immaginario ho l'idea di un paese devastato dall'odio e dalla violenza razziale, e qui incontro solo una (lieve) diffidenza. La famiglia bianca di François Pienaar è lievemente diffidente, ma poi spiana un sorriso colmo di pietas sapendo che la domestica andrà allo stadio con loro (un sorriso anche fastidioso a mio avviso); i neri che vogliono abolire gli Springboks sono molto più diffidenti, ma appena arriva il re a imporre le mani si inchinano. Fine della diffidenza, fine del conflitto. Motivazioni dietro questi cambiamenti? Conflitto attraverso cui si compiono? Ampiezza del cambiamento? Poco di tutto ciò.

3) Capitano mio capitano...
Non cambia neanche François Pienaar. Non è un razzista all'inizio, e non ha neanche la diffidenza di cui si parlava prima. Anzi pare non avere nessuna emozione. Mi sembra un personaggio piatto, senza conflitto interiore, senza ostacoli e senza scelte.

4) La sottotrama guardie del corpo.
Questa secondo me è l'idea più bella del film (o della Storia, o di Nelson Mandela). Afrikaneers e neri costretti a convivere per difendere il Presidente. Si racconta nel piccolo il problema gigante del paese. Bene, bello, perfetto. Sicuri? No. C'è la prima scena in cui si incontrano in cui vediamo le loro distanze: sono nemici. Poi? Dalla scena dopo sono già, nei fatti, amici. Nessun conflitto, nessun crescendo narrativo, fine della sottotrama.

5) I dialoghi.
Brrr...troppo diretti e mai un sottotesto.

6) Il rugby.
Ok, è difficile rendere lo sport al cinema. Ma...Clint...il calcio d'avvio nel rugby si tira forte!!!!:)
E tutto quel ralenty nel finale...uff.

7) O sole mio.
Il tema musicale del film è copiato? Non lo è? Diamine...certo che sì! E' uguale...

8) La "gabbia storia vera"
Faceva giustamente notare Martino Coli che la storia vera può essere una gabbia da cui è difficile sganciarsi. Se i fatti sono andati così la storia la devi raccontare così. Secondo me a quel punto si può: a) ispirarsi solo ai fatti reali, senza tradirli nella sostanza (ma dandogli ancora più forza tramite il potere della narrazione); b) raccontare un'altra storia.

Mi fermo. Non sono un critico, sono solo uno che adora tutti gli ultimi film di Clint e a cui questo non è piaciuto. Si veda "Gran Torino" come gronda di conflitto: etnico, generazionale, interiore. Un capolavoro su una "storia piccola" che racconta un tempo e un paese. Questa è una "storia grande" che secondo me racconta con molta minor efficacia.
Attendo commenti. 
Ben vengano anche i "non hai capito nulla, sei un coglione, a me è piaciuto un sacco, vaffanculo". 

Sam2

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