Una fitta nebbia, presagio di funesti
accadimenti, avvolgeva l’entrata di un sordido locale dell’entroterra vercellese,
noto alle cronache per via di alcune risse che ravvivavano l’ambiente quando la
serata volgeva al temine: il Rick’s Bar. Il proprietario Rick Blaine era un ex
pugile ebreo con un trascorso nel Mossad, da cui venne espulso dopo aver
dichiarato alla stampa che la più grande invenzione del ventesimo secolo fu il
kebab. In quei lontani giorni di ottobre in cui tutto accadde, Rick non aveva
più il vigore degli anni belli, essendosi ormai ridotto ad alcolista cronico,
settore amareggiati, perché passava le giornate a bere Amaretto di Saronno e a ricordare
i tempi lontani di una travolgente storia d’amore.
Si era a Parigi, negli anni bui della
Seconda Guerra Mondiale, e Rick gestiva da una mansardina di Montmartre tutto
il mercato nero di Pechino. Senza telefono. Un drago, ne converrete.
Quando conobbe la bella Elsa, fiore
di donna cresciuta nelle ristrettezze economiche del ramo buono dei Rotschild,
tutto quel mondo che cadeva a pezzi attorno a loro sembrò tingersi di rosa. Era
amore quello, vecchio Rick, era l’amore che non avresti mai dovuto trascurare!
Per cosa poi? Per andare a trattare una partita clandestina di mele golden a
Predazzo? Che oltretutto – rammenti? - arrivarono tutte bacate? Potrai mai perdonartelo,
vecchio Rick? Potrai mai dimenticare quella colpa che segnò il tuo futuro e ti
condannò alla sofferenza eterna?
No, Rick non dimenticò.
Le cose finirono molto male, perché
quando tornò da quell’impegno di lavoro, lordo del sangue del grossista che
dovette giocoforza picchiare, Elsa non c’era più. Svanita come una nuvola di
rugiada esposta al sole nei mattini di luglio, come un petalo di rosa sotto la
pioggia nei pomeriggi di settembre, come una banconota da dieci euro tenuta in
vista nelle serate di tutti i mesi dell’anno.
Con la scomparsa di Elsa, quel tenero
mondo color pastello ripiombò nella notte più buia.
Tanti anni dopo, il locale di Rick aveva
la stessa densità del suo cuore gonfio di nostalgia. Ai tavoli si susseguivano
clienti loschi come gli scudetti della Juventus: rapinatori, spacciatori, truffatori,
camorristi, persino qualche assessore della giunta Formigoni.
Ma un giorno la porta del bar si
aprì.
Il fatto in sé non era sconvolgente,
essendo che in tutti i locali del mondo capita che, prima o poi, la porta si
apra, ma straordinaria fu l’apparizione che si parò dinnanzi agli occhi della
clientela tutta. Sì, era proprio lei, affascinante, misteriosa e del tutto
indifferente al trascorrere del tempo: una nebbia della Madonna! Spessa come
una coltre di ovatta che avvolge il mondo con le sue spire infinite che paiono
giungere da un’altra dimensione spazio-temporale per nascondere la realtà alla
vista dei comuni mortali che come angeli sperduti si aggirano su queste lande
misteriose intrise di sentore malinconico al fine di una diversa immaginazione
macro-evolutiva che simboleggi una nuova era nel percorso dell’umanità verso un
futuro condiviso e più fashion (scusate, mi davano 30 euro se finivo nel
Guinness per la metafora più lunga di tutti i tempi). Beh insomma…la nebbia
invase il bar. Passò un’ora, ne passarono due, la gente iniziò a sparire perché
nel locale c’erano molti tossici a cui piace farsi di nebbia, poi finalmente qualcuno
aprì la finestra e, mentre la coltre grigiastra cominciò a diradarsi, eccola…la
vera apparizione: la bella Elsa!
Beh, oddio… “bella”. Diciamo un tipo.
Poteva infatti a prima vista sembrare
che col passare degli anni la pulzella si fosse un tantinello sciupata, ma non furono
certo i 120 chili, il triplo mento, la settima di reggiseno, le gambe pelose e un
pungente sentore di aglio a nascondere il suo fascino prorompente. Anche se parvero
riuscirci molto bene.
Come era usa fare un tempo, Elsa si
avvicinò al pianista e gli sussurrò quella frase immortale, che da quel momento
divenne leggenda e fece piangere gli innamorati di tutto il mondo: “Sai cos’ha
fatto il Milan, Sam?”.
Ma il pianista Sam, diminutivo di Samuele
Lo Turco, era un po’ duro d’orecchi e capì “Suonala ancora Sam”, così le sue
dita nodose si adagiarono sui tasti, pronte ad attaccare per la sesta volta
consecutiva Storia d’amore, di Adriano
Celentano.
“Tu non sai cos’ho fatto quel giorno,
quando io la picchiaii…”, cantava il ruvido Sam, adattando il testo ai gusti
del pubblico in sala. Fu un’immediata esplosione di sensi, di languori e di
colpi di pistola, perché c’era gente lì dentro che quando si stanca di una
canzone mica ti manda le raccomandate, ti spara.
Rick, che si era perso le altre
cinque esecuzioni perché ascoltava il Milan alla radio, si scosse e riconobbe la
canzone dei suoi giorni felici. Alzando lo sguardo dalle parole crociate
crittografate della Settimana Enigmistica, scorse Elsa in un remoto angolo del
bar, intenta per via del pudore a nascondersi dietro tre camionisti, una campana
del vetro, Giuliano Ferrara, Mazinga e un cerino. Invano, nonostante il cerino.
Rick si alzò e le corse incontro commosso, aprì le braccia per stringerla, poi
valutò la questione e le aprì ancora, poi valutò ancora una volta e le spalancò
il più possibile, raggiungendo l’apertura alare di un condor grigio delle
Montagne Rocciose…ma fu costretto a desistere e si limitò a stringere la mano a
quel fiore di donna che non vedeva da tanto, tanto tempo.
Con occhi gonfi d’amor perduto, Rick miagolò
le ardite parole di un tempo:
“Carbonara, baby?”
“Con cipolla, boby”. E ruttò pure, la
maledetta cinghiala.
“Sembraaaava un haalibut!”, cantava
il grande Adriano.
Tutto come ai vecchi tempi.
Ma il destino non era propizio per
gli ingenui sogni di Rick: Elsa infatti aveva già destinato ad altri quel corpo
che sembrava gridare: “Peccato! Peccato!! Peccato che sei una scrofona, che se
ti mettessi un po’ a dieta una botta te la si darebbe pure”. Si era infatti
sposata con un certo Victor Lazlo, uomo duro e insensibile al dolore, come si
evinceva dalla sua decennale professione di collaudatore frontale di chiodi. (nota:
il “collaudatore frontale di chiodi” si distingue dal “collaudatore mentale di
chiodi” per la superficie che espone alla punta metallica in oggetto).
Ed ecco Victor che entrò nel locale,
si aggiustò la cintura con aria da duro, si tolse un chiodo dalla fronte perché
arrivava bello fresco dal lavoro e ordinò un chinotto on the rocks. Poi
raggiunse il pianista e sussurrò “Suonala ancora Sam”.
“2-0, doppietta di Balotelli”, rispose
Sam, che a forza di schivare pallottole s’era fatto un po’ più sgamato nella
risposta secca. Nel bar la tensione si tagliava col coltello, il formaggio
anche, mentre per la cocaina si continuava a preferire la lametta. Elsa
presentò i due uomini. Ci fu fin da subito grande simpatia: Rick prese una
bottiglia di whisky e la spaccò in testa a Lazlo, che non la sentì neppure. Non
per scortesia ma perché da sempre preferiva il rum. Partì una rissa furibonda
che coinvolse tutta la clientela: scaricatori di porto livornesi si picchiarono
con boscaioli tirolesi, metalmeccanici baresi si azzuffarono con geometri
londinesi. Victor menò otto contadini di Alessandria venuti su a zappa e bagna
cauda, Rick le diede di santa ragione a un elettricista, riducendolo a una
poltiglia sanguinolenta spiattellata per terra. Poi lo guardò meglio e si accorse
che era Papini, un vecchio compagno di liceo che non vedeva da 40 anni. Così,
mentre gli rimetteva su la mascella, Rick gli disse che lo aveva menato per via
di quel compito di latino che non gli fece copiare in terza. Nel ributtarsi
nella mischia, Rick si ripromise di prestare più attenzione alle complesse
dinamiche delle alleanze da rissa.
Dopo tre ore del leggendario locale
di Rick non restava più nulla, soltanto Rick e Victor erano in piedi, a
fronteggiarsi maestosi su quelle macerie che sembravano evocare eventi
catastrofici. Per esempio una rissa in un bar.
I due si guardarono, si studiarono,
si sospettarono, poi Rick sputò un canino, agitò il pugno chiuso con aria
minacciosa, sibilò “bim…bum…bam!” e mise giù ‘carta’. Ma Victor era scafato e
sganciò ‘forbici’. Rick pareggiò incartando il sasso di Victor, ma quello
allungò spaccandogli le forbici. La partita si fece tesa, alcuni cuori palpitarono
e altri cessarono di farlo, perché i medici delle ambulanze si misero a
scommettere abbandonando i defibrillatori. Sam creò un po’ d’atmosfera suonando
la Nona di Beethoven, Elsa lo
accompagnò suonando la nonna di Mozart, che nonostante l’età aveva la pelle
ancora elastica e un pancino che sembra un tamburo. Si arrivò così al 4 pari,
ma Victor non ci stava a giocarsi la sua amata con un gioco così imbecille e
tirò fuori una sorpresa dal baule: una pistola Luger P.08!
“Ohhhh”, disse il pubblico.
“Ora che fai stronzetto…”, provocò
Victor, “me la spacchi col tuo sassolino?”.
Ma Rick non si scompose, pure lui aveva
una sorpresina nascosta dentro una cassapanca: un bazooka Beretta da 50 chili
caricato con un missile termonucleare giapponese a propulsione fotonica da
6.000 megatroni.
“Ah”, disse il pubblico.
“Me lo incarti?”, bulloneggiò Rick.
“Minchia!”, ammise Victor.
Fu la mossa vincente, Victor ripose
la pistola nel baule, strinse la mano al suo rivale e disse: “Hai vinto Rick,
Elsa è tua”.
“Manco per il cazzo”, disse Rick, leccando
voluttuoso il bazooka.
“Pardon?”, chiese Victor nella
sorpresa generale.
“Mica crederai che mi tenga il
pachiderma? E’ qui da solo tre ore e si è già triturata venti chili di
noccioline”, sentenziò Rick, con l’occhio pratico del buon amministratore di
bar.
“Non è vero!!”, gridò Elsa,
sputacchiando noccioline in faccia alla nonna di Mozart. Poi si inginocchiò
davanti a Rick, si mise a piangere, si strappò i capelli e, gridando che il
loro amore non poteva essere finito, accennò un’apertura di patta.
“L’amore forse no ma le noccioline
sì”, fece notare piccato Rick smanacciando la sfrontata, “poi scusa…già eri un
cesso, se ti strappi anche i capelli non ti si può più guardare”.
Ma Sam aveva ancora quello che i
bravi definisco “timing” e riattaccò le note di pianoforte della loro canzone.
Mentre tutti pendevano dalle labbra degli antichi amanti –a parte quelli che andarono
a picchiare Sam- un sentore di tenerezza lievitò sulle macerie polverose del
bar che fu. Era il ricordo dei dolci baci sulla Senna, delle affettuose carezze
al Pere Lachaise, delle passeggiate mano nella mano a Saint Germain…dei
borseggiamenti fatti insieme al Louvre. Fu di nuovo passione. Elsa si gettò tra
le braccia di Rick e lo fagocitò in un abbraccio infinito, lungo come il tempo
bastardo che troppo a lungo li divise. Rick vi scomparve dentro.
Passò un minuto, ne passarono due, ne
passarono tre…poi qualcuno fece notare a Elsa che le braccia di Rick, che
spuntavano dal suo corpaccione immenso, si agitavano in maniera convulsa, come
fossero le membra disperate di un uomo che affoga più che i lussuriosi
tentacoli di una piovra avida d’amore. Ma Elsa non ascoltava le chiacchiere da
bar e così continuò a stringere al prodigioso petto il povero Rick. Le braccia smisero
presto di agitarsi…era, a tutti gli effetti, un amore che toglieva il respiro.
Finiì così la storia del leggendario
Rick Blaine, ex alcolista amareggiato, ex re del mercato nero, ex proprietario
del mitico Rick’s Bar, protagonista inesauribile di una delle più struggenti,
dolci e travolgenti esplosioni di passione di tutti i tempi. E mentre esalava
l’ultimo respiro, e una lacrima luccicante gli solcava il viso, Rick ritardò un
epilogo e sussurrò l’ultimo desiderio all’amore della sua vita.
“Suonala ancora…Sam”
La scrofa svenne per il dolore mentre
Sam, pure lui malconcio per le botte prese, alzò un sopracciglio e biascicò ciò
che aveva nel cuore al compagno segreto della sua vita: “2-0 per il Milan, cretino.
L’hai pure vista…”.
Poi toccò un’ultima nota, e non suonò
mai più.
Buio.
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