L’avvento di Renzi al potere in un
momento in cui da est echeggiano crepes
de guerre dal sapore antico, pone all’attenzione
dell’opinione pubblica italiana un tema scottante: il Partito Democratico sarà
all’altezza del ruolo di farinance internazionale
che la guida del semestre europeo pone come border
one ineluttabile?
Il tema è strong.
Sono passati solo pochi anni da quando
Romano Prodi si distinse nella costruzione dell’Unione Europea come chip leader del movimento finanziario che
portò all’adozione dell’euro e i dubbi sulla tenuta del pastisse mono-teocratico dell’economia europea divorano l’opinione
pubblica. Come fare a governare le spinte dell’intruding golf che hanno massacrato la Grecia e ora si apprestano a
fare la stessa cosa con gli altri paesi del versante mediterraneo dell’Unione,
quelli comunemente indicati come i Pezzalcul?
Qual è la ricetta di Matteo Renzi per impedire che il global riassestament finanziario proceda a un incooling delle ormai secolari conquiste del movimento dei lavoratori
in tema di stato sociale? C’è un’ outsiding
ricetta alla base dell’iniziativa democratica oppure la linea politica cui si
affideranno le speranze di un continente intero sarà all’insegna del these cocks?
Il tema è very strong.
Gli analisti internazionali non sono
concordi nella risposta. Gli ottimisti, fra cui la Bunder Krauten Strunzen Zeitung di Madrid, propendono per il forse.
Con grande spirito euro-crastico, notevole abdullance
e qualche spritz, essi pongono l’accento sulla naturale esperenzialità
della tendenza italiana al fuff-keeping, che
gli esperti di settore chiamano governance
del movedemo-mofamo.
I pessimisti, tra cui il Times di Londra, il New York Times di New York e il Times
After Times di Cindy Lauper, concordano
su un fatto: la situazione è talmente incrinata alla radice, con gravami socio-storici
che risalgono al paleo-puttanico inferiore, che paiono del tutto ininfluenti i
tentativi di Renzi di creare uno scramble
geopancreatico nell’assestament europeo che provochi uno
shock anabasico talmente forte da indurre Bruxelles a cessare il suo
atteggiamento gipsy che la induce, con
fare gasparriano, a guardare con un occhio a Stoccolma e con l’altro a Pechino.
Il tema si fa stronz.
Quindi che fare?
Renzi vuole rilanciare, il partito
tentenna, Fassina contesta, Civati si fa un caffè. Ma l’America non aspetta. Le
lobby finanziario-missilistiche che da anni governano l’insider ciuccing globale che draga risorse dal mondo dell’economia
reale per inocularle nei propri bus d’al
cul, spingono per giocare a ramino sulla pelle dell’Ucraina. Putin rilancia
schierando tutte le sue forze in Crimea, con la classica aggressività russa risalente
ai tempi dorati dello slemzy goriotz sovietico.
Molto stronz.
Ma l’Italia vuole risposte. Non è più
tempo di avere tempo e Renzi lo sa. Lo statista-dinamico toscano deve per forza
avere un ass nel taschino – più
grande è meglio è - perché non è più
possibile celarsi dietro l’accomodante definizione della guida del semestre
europeo come di collateral fonzies per sgravarsi dalle proprie, inasfaltabili,
responsabilità. Il leader di un paese europeo, che aspiri a diventare guida,
faro e supremo spick&span della
sinistra liberal-cattolica mondiale, non può non saperlo.
Oppure lascia perdere e vota Tsipras.
Oppure lascia perdere e vota Tsipras.
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