domenica 2 marzo 2014

La "preminence" di Renzi nello scacchiere geopolitico mondiale dominato dalla "flu-geocracy" post-europea in un contesto di "redisponnance" della spinta innovatrice globale su base asiatica. Cioè vota Tsipras




L’avvento di Renzi al potere in un momento in cui da est echeggiano crepes de guerre dal sapore antico, pone all’attenzione dell’opinione pubblica italiana un tema scottante: il Partito Democratico sarà all’altezza del ruolo di farinance internazionale che la guida del semestre europeo pone come border one ineluttabile?
Il tema è strong.                                                 
Sono passati solo pochi anni da quando Romano Prodi si distinse nella costruzione dell’Unione Europea come chip leader del movimento finanziario che portò all’adozione dell’euro e i dubbi sulla tenuta del pastisse mono-teocratico dell’economia europea divorano l’opinione pubblica. Come fare a governare le spinte dell’intruding golf che hanno massacrato la Grecia e ora si apprestano a fare la stessa cosa con gli altri paesi del versante mediterraneo dell’Unione, quelli comunemente indicati come i Pezzalcul? Qual è la ricetta di Matteo Renzi per impedire che il global riassestament finanziario proceda a un incooling delle ormai secolari conquiste del movimento dei lavoratori in tema di stato sociale? C’è un’ outsiding ricetta alla base dell’iniziativa democratica oppure la linea politica cui si affideranno le speranze di un continente intero sarà all’insegna del these cocks?
Il tema è very strong.
Gli analisti internazionali non sono concordi nella risposta. Gli ottimisti, fra cui la Bunder Krauten Strunzen Zeitung di Madrid, propendono per il forse. Con grande spirito euro-crastico, notevole abdullance e qualche spritz, essi pongono l’accento sulla naturale esperenzialità della tendenza italiana al fuff-keeping, che gli esperti di settore chiamano governance del movedemo-mofamo.
I pessimisti, tra cui il Times di Londra, il New York Times di New York e il Times After Times di Cindy Lauper, concordano su un fatto: la situazione è talmente incrinata alla radice, con gravami socio-storici che risalgono al paleo-puttanico inferiore, che paiono del tutto ininfluenti i tentativi di Renzi di creare uno scramble geopancreatico nell’assestament europeo che provochi uno shock anabasico talmente forte da indurre Bruxelles a cessare il suo atteggiamento gipsy che la induce, con fare gasparriano, a guardare con un occhio a Stoccolma e con l’altro a Pechino.
Il tema si fa stronz.
Quindi che fare?
Renzi vuole rilanciare, il partito tentenna, Fassina contesta, Civati si fa un caffè. Ma l’America non aspetta. Le lobby finanziario-missilistiche che da anni governano l’insider ciuccing globale che draga risorse dal mondo dell’economia reale per inocularle nei propri bus d’al cul, spingono per giocare a ramino sulla pelle dell’Ucraina. Putin rilancia schierando tutte le sue forze in Crimea, con la classica aggressività russa risalente ai tempi dorati dello slemzy goriotz sovietico.
Molto stronz.
Ma l’Italia vuole risposte. Non è più tempo di avere tempo e Renzi lo sa. Lo statista-dinamico toscano deve per forza avere un ass nel taschino – più grande è meglio è - perché non è più possibile celarsi dietro l’accomodante definizione della guida del semestre europeo come di collateral fonzies per sgravarsi dalle proprie, inasfaltabili, responsabilità. Il leader di un paese europeo, che aspiri a diventare guida, faro e supremo spick&span della sinistra liberal-cattolica mondiale, non può non saperlo. 
Oppure lascia perdere e vota Tsipras.

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