In
Piazza fa talmente caldo che ti viene il dubbio che la manifestazione in difesa
della Costituzione non l’abbia organizzata Zagrebelsky, ma il gelataio di via
Santo Stefano. Infatti, sarà un segno dei tempi, è la prima volta che a un raduno
della sinistra vedo più gelati che copie del Manifesto.
Io
vado perché sono in astinenza da “qualcosa di sinistra”. La patologia è un
pochino peggiorata dopo le ultime mosse del Pd, tanto che mi sveglio intonando l’Internazionale, mi lavo con Bella ciao e faccio colazione con Comandante Che Guevara. Quando la mia
ragazza mi ha trovato sul cesso, col pugno chiuso a gridare “Avanti popolo,
alla riscossa, bandiera rossa…trionferà”, abbiamo dedotto che il problema si
stava aggravando.
Comunque
l’importante è che qualcosa si muova, che ci sia un vento nuovo capace di chiamare
a raccolta cuori giovani e intrepidi, il vero futuro della sinistra. Alle 13,30
ce ne sono ben tre: uno ha preso crema, cioccolato e caffè, l’altro pistacchio
e amarena, il terzo niente perché c’ha la colite.
‘Nnamo
bene...
Ma
è solo un istantanea, la descrizione di un attimo -come cantava quel gruppo che
si chiama Tiromancino quindi mi piacciono- poi la Piazza si riempie e arrivano
anche i giovani, qualcuno addirittura col Manifesto in tasca.
Sul
palco inizia a parlare Zagrebelsky e io non capisco come possiamo esser messi
così male da farci difendere la Costituzione da un polacco.
Che io non ho niente contro i polacchi, anzi. Mi piaceva un sacco quello là, quello famoso in tutto il mondo che venne in Italia negli anni 80. Come si chiama...
Ah sì.
Boniek.
Poi si alternano quelli che io non vorrei stessero a parlare in Piazza Santo Stefano, perché preferirei che facessero i ministri. Tipo Rodotà, Nando Dalla Chiesa, Roberto Saviano, Nichi Vendola. Tutti dicono belle cose sulla Costituzione, contro quel presidenzialismo che abbiamo combattuto per decenni prima di scoprire che a qualcuno del Pd piace. E solo a pensarci ho un malore. Si parla del recente referendum sulla scuola pubblica a Bologna. E solo a pensarci mi sento un po’ meglio.
Che io non ho niente contro i polacchi, anzi. Mi piaceva un sacco quello là, quello famoso in tutto il mondo che venne in Italia negli anni 80. Come si chiama...
Ah sì.
Boniek.
Poi si alternano quelli che io non vorrei stessero a parlare in Piazza Santo Stefano, perché preferirei che facessero i ministri. Tipo Rodotà, Nando Dalla Chiesa, Roberto Saviano, Nichi Vendola. Tutti dicono belle cose sulla Costituzione, contro quel presidenzialismo che abbiamo combattuto per decenni prima di scoprire che a qualcuno del Pd piace. E solo a pensarci ho un malore. Si parla del recente referendum sulla scuola pubblica a Bologna. E solo a pensarci mi sento un po’ meglio.
Poi
Maurizio Landini sale sul palco e l’entusiasmo arriva alle stelle: le bandiere
sventolano, i gelati si sciolgono, i fascisti si convertono. Giunge infatti
notizia di un saccheggio proletario da parte di clienti affezionati ai danni di
Zanarini.
Affezionati
una volta, ora un po’ meno.
Io
non mi scaldo più di tanto. Cioè non è che basta un sindacalista qualsiasi che dice
due paroline contro la Fiat, l’Ilva, il governo e tutta la Confindustria per
arroventarmi l’anima.
Sia
chiaro.
Se
applaudo ininterrottamente da venti minuti è perché ho un principio di artrosi
alle mani e il dottore mi ha detto di muoverle.
Se
grido è perché sto seguendo in radio una partita di pallamano.
Se
sembro accaldato è perché c’è tanto sole.
Se
sono un pochino paonazzo e ho una vena in evidenza è per la pressione alta.
Se
rubo quattro gelati e me li sono spalmo in faccia è perché sono marxista-leninista,
ramo carpigiani.
Se…
E
va bene, confesso.
Io
amo Maurizio Landini.
Non
equivocate, è un amore puramente proletario. Una speranza platonica di un
futuro insieme.
Politico,
ovvio.
Così
perdo totalmente il controllo, rubo il Manifesto a un ragazzino di 94 anni,
bacio in bocca la Bindi nascosta nelle ultime file e corro sul palco, dove abbraccio
Maurizio, gli rubo il microfono e, alla faccia del Pd e di chi ci vuole male,
comincio a cantare a squarciagola qualcosa di sinistra, qualcosa di lontano.
Non
se li ricorda più nessuno, perché forse sono un po’ strani.
O
forse son dei marziani.
Però
son di sinistra, almeno, sti cazzo di Inti Illimani.
Dovevo venire, caspita. Tutta quella gente, quei gelati...
RispondiEliminaGinger
Tranquillo compagno, so che eri con Bucharin...
EliminaIo c'avevo la rosolia, no... il morbillo, no... avevo mangiato troppe fragole, insomma ero tutto a pallini bianchi e rossi. Rossi: forse in italia di rosso ci sono rimasti solo in sintomi di una qualche malattia. E gli Inti Illimani, tra maripose e fieste de san benito, alla fine c'avevano anche un po' rotto. ma si sa': chi è comunista si pasce di ricordi e a volte gli scende la lacrimuccia anche se canta peppino di capri. E il naufragar m'è dolce in questo mar...
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