lunedì 6 maggio 2013

Riscossa rossoblù!

Abbiam preso sei pere.
6-0.
Sì ok, il campionato è quasi finito, la salvezza raggiunta…ma sei pere son sei pere. Poi cambi canale per cercare un po’ di relax, riaverti dalla botta, assopirti davanti a Gerry Scotti e cosa vedi?
La festa dei gobbi per il ventinovesimo scudetto.
Che male. 

Che poi a sentir loro non sono 29, son 74, perché due glieli ha rubati la Federcalcio, tre o quattro l’Inter, una decina Arsenio Lupin e uno pure Fantomas, che pare sia romanista.
Che dolore…E’ un uno-due micidiale. Mi ricorda quella volta che mi licenziarono, tornai a casa a farmi consolare da mia moglie e la trovai a letto con tutti i Los Angeles Lakers. “Come hai potuto farmi questo?”, gridai, “come hai potuto farlo proprio a me??”
Che son dei Celtics.
Ma stavolta non lo accetto, stavolta mi sono rotto le balle. Non si può mica passare tutta la vita a prendere bastonate nella schiena, senza mai una gioia, uno scudettino, una coppetta. Ma cosa siamo noi tifosi rossoblù? Gli elettori del Pd?
Così ho comprato il Bologna.
Posso permettermelo perché negli ultimi anni ho fatto un gruzzoletto vendendo caramelle al sushi ai giapponesi, chewing gum all’hamburger agli americani e lecca lecca al kebab agli arabi. Poi ho fatto la grana vera spacciando chupa-chups ai ciccioli ai modenesi.
Ai tifosi, per cominciare, regalo una festicciola in Piazza Maggiore, in cui espongo nudi Guaraldi, Menarini, Porcedda, Baraldi e anche Zanetti, che non so ancora se è buono o no ma secondo me stavolta dovrei capirlo.
E’ vietato sputare ma il solletico sotto i piedi si può.
Poi inizio la campagna acquisti.
Per prima cosa voglio far capire ai gobbi cos’è lo stile Bologna, così compro Buffon e lo regalo al Casalecchio. Poi do l’assalto a Messi, che secondo me come spalla di Diamanti è buono. Vado a Barcellona con una catasta di baiocchi tale che con quello che avanza mi compro la Sagrada Familia, il Parque Guel e dodici chili di paella, che la voglio mandare a Kobe Bryant per vedere se gli va di traverso.
Poi compro mezzo Bayern, un po’ del Borussia, un pizzico del Manchester, Thiago Silva,  Di Natale e Cavani.
Liliana, perché con tutto quel casino c’è bisogno di un po’ di regia in campo.
Infine, come ciliegina sulla torta, compro Van Basten. Non per farlo giocare, ma per fare un dispetto al presidente del Milan.
Mentre i tifosi gongolano, i giornalisti allibiscono e a mia moglie rode il culo, perché mi  ricordava più pezzente, io affido la panchina a Renzo Ulivieri. Non perché mi piaccia poco Pioli, ma perché mi piace tanto Ulivieri. Però, siccome ho fatto geometra ma non son tonto, gli aggiungo una clausola in contratto che dice che non può mai mettere Messi in panchina. Neanche contro il Barcellona.
Il campionato comincia alla grande: 4-0 all’Atalanta con quattro gol di Messi su sei assist di Diamanti (due eran talmente belli che li han contati doppi). Poi vittorie facili con Lecce, Roma, Catania e Real Civitavecchia, una neopromossa che sta facendo molto bene. Gliene diamo solo 6 perché son simpatici e non ci va di infierire.
Invece con la Fiorentina ci va.
14 a 1. Da segnalare che anche il loro gol lo abbiam fatto noi, per ravvivare il match e regalare un po’ di pepe ai nostri tifosi. Marciamo a gonfie vele, come disse Colombo con una gamba in cancrena.
Una città intera esulta. Lo stadio non riesce a contenere tutto l’entusiasmo così devo attrezzare un maxi-schermo in Piazza Maggiore, uno in Piazza Santo Stefano e uno nel deserto del Serengeti, perché c’ho il fan club della Tanzania in fibrillazione e dicono che se non li accontento invadono il Kenya. Ma anche i gobbi sono a punteggio pieno, avendo vinto otto partite con dieci rigori a favore, dodici fuorigioco dubbi, quindici furti palesi e una rapina a mano armata. Quest’anno sono in forma, bisogna pedalare.
Si arriva al primo scontro diretto, alla fine del girone d’andata a Torino. Siamo vittime di un vergognoso complotto. La notte in ritiro i ragazzi sentono un po’ di languorino, così faccio recapitare in albergo tutta la pizzeria “Vesuvio Blu”, comprese le cozze e le due cameriere, che cozze non sono. Ma tra quei frutti di mare dev’esserci un infiltrato, che ha contaminato la brigata e così il giorno dopo, in campo, si vedono gli effetti devastanti del mitile ignoto. I ragazzi vengono assaliti da un’epidemia di squaraus, resistiamo come possiamo ma veniamo sconfitti 1-0, dopo aver finito la partita in tre e aver impestato tutti i cessi dello stadio.
Compreso quello dello spogliatoio della Juve, che è comunque una soddisfazione.
Dal turno successivo ricominciamo a vincere, ma i gobbi maledetti restano tre lunghezze davanti. Battono anche 1-0 l’Inter al 103esimo, su rigore concesso per fallo di mano di Cristiano Ronaldo a Madrid quattro anni prima. Dice che è un’applicazione dadaista del regolamento che fa molto fashion.
A Bologna intanto si respira un bel clima: l’inquinamento sparisce, i tigli fioriscono a febbraio e i muri si puliscono da soli. Si sa che quando lo sport va bene tutta la città ne gode. Anche Buffon se la passa bene a Casalecchio, tutte le domeniche prende tre pere, ma tutti i martedì va a pescare alla chiusa, i giovedì fa la spesa all’Esselunga e il venerdì sera va a ballare al Cral di Ponte Ronca.
Ma noi vogliamo vincere. Una città intera ce lo chiede! Poi, che cavolo, ho speso 280 milioni di euro, Messi è in testa alla classifica dei cannonieri con 96 gol, Diamanti è stato convocato nella nazionale italiana, in quella spagnola e in quella brasiliana, possiamo non vincere?
Una città intera continua a chiedercelo, ma per precauzione si tocca gli zebedei.
Asfaltiamo 6-3 il Milan e 8-2 il Napoli, poi andiamo a Roma contro la Lazio e vinciamo 14 a 0, perché noi non siamo mica gente che se le segna. Per l’occasione schieriamo al centro della difesa Hulk, al quale purtroppo mi scappa detto che Klose gli ha trombato la moglie. Peccato, era bravino quel crucco.
Ma noi non siamo gente che se le segna. No no.
E si arriva finalmente all’ultima partita, lo scontro diretto che deciderà una stagione. In classifica siamo appaiati a 200 punti, dopo che la Juve ha pareggiato 0-0 contro il Civitavecchia (al 5° l’arbitro ha avuto un infarto e per via del lutto non son riusciti a vincere).
Conte cerca di creare un bel clima con dichiarazioni distensive: “Non avete mai vinto niente, le due Torri fan cagare, Gianni Morandi è stonato e i tortellini son di Modena”
Noi abbiamo dell’aplomb e reagiamo con stile, così evacuiamo tutti i tifosi del Toro prima di sganciare la bomba atomica su Torino.
Poi le squadre sono in campo. Al Dall’Ara ci sono 118.000 spettatori, perché nel frattempo ho fatto qualche lavoretto di ampliamento spostando San Luca a Zola. Ulivieri, in preda a rincoglionimento sentimentale acuto, schiera alcuni innesti frutto di bizzarri tesseramenti notturni, dovuti anche al fatto che io ho finito la pilla: in difesa Villa e Paramatti, a centrocampo Marocchi e Carlo Nervo, in attacco Marronaro e in porta Nello Cusin.
“Ne sei certo?”, chiedo a Renzaccio.
“No”, risponde lui.
Quest’uomo infonde sicurezza anche nelle minchiate.
L’arbitro fischia l’inizio e già che ha il fischietto in bocca anche un rigore per la Juve. Gol e uno a zero per loro. Conte festeggia sotto la tribuna con grande modestia, sparando solo 12 fuochi d’artificio invece dei 20 canonici. Noi sembriamo un po’ imballati, forse la tensione, forse il caldo, forse i tortellini che ho fatto mangiare ai ragazzi per dimostrargli che non son di Modena. Fatto sta che andiamo sotto 2-0 su gol di quel simpaticone di Vucinic, che se gliene arrivano metà di quelli che gli ho mandato finisce la carriera in Certosa.
A fine primo tempo c’è scoramento, ma Renzo fa un discorso che galvanizza i ragazzi, cita Trapattoni, Bernardini e Che Guevara e al ritorno in campo i nostri hanno gli occhi della tigre. Messi segna subito di testa, su assist di tacco di Diamanti dopo una sgroppata di Carlo Nervo da una bandierina all’altra. Poi Ulivieri sostituisce Nervo, che va subito in rianimazione, e si sbilancia, mettendo su la punta che non t’aspetti: Loris Pradella.
“Sicuro?”, azzardo io.
“Una sega”, chiosa lui.
Al 35°, dopo due pali, tre traverse e quattro rigori parati da Nello Cusin, che col tempo migliora come il buon vino, Alino pareggia. Tira una punizione a giro dalla tre quarti, talmente liftata che fa il giro della Torre di Maratona, fa secchi due piccioni in tribuna e si insacca all’incrocio.
Conte appare lievemente piccato…I quattro tifosi juventini, che ho fatto entrare allo stadio perché son magnanimo, ripiegano lo striscione con scritto “scudetto numero 118”
E’ 2-2, mancano 3 minuti, ci giochiamo lo scudetto!!!
Ed accade l’impossibile. Marronaro, che ha 52 anni e si vedono tutti, liscia la palla, ma tutti credono sia una finta e così abboccano. La palla filtra verso Villa, spostato non si sa perché all’ala destra, che s’invola sulla fascia. Fa 30 metri in 2 minuti, spiazzando la difesa che lo pensava rapido, e arriva al cross. Parte una spingarda che attraversa tutta l’area e raggiunge l’altra fascia, dove il nipote di Pascutti la rimanda in mezzo di testa, in tuffo. E qui…al 90°, la storia transita per Bologna, ripagandoci di una vita di sofferenze. La difesa bianconera salta compatta, intimidendo il nostro attacco coi gomiti e coi kalashnikov. Ma qualcuno arriva dove nessun altro sa osare. Una testa benedetta, con la fronte potente del centravanti di razza, impatta il pallone e sfonda la rete. E’ lui, è Loris Pradella!
Goooooooooooooooooooolllllllllllll!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Lo stadio viene giù. Non per metafora, ma per struttura che cede. D’altronde 118.000 spettatori pesano. L’arbitro fischia la fine e non c’aggiunge un rigore solo perché Ulivieri gli va sotto coi tronchesi appoggiati ai calzonci e gli fa pat-pat.
E’ una festa infinita, un godimento assoluto! I Forever Boys srotolano un grande striscione, c’è uno scudetto rossoblù con stampato sopra un numero magico: 8. Perché noi non rubiamo, andiamo fieri dei nostri 8 scudetti! Così come delle nostre 6 Coppe dei Campioni, delle 5 Coppe Rimet, della Coppa del Mondo di Slalom, dei tre Nobel per la Fisica e dello Zecchino d’Oro.
Conte si dimostra un signore e ci rende l’onore delle armi. Io per sicurezza mi faccio rendere anche le armi, che non è bello saperlo in giro per via Indipendenza coi kalashnikov. Poi la sera si fa una festa indimenticabile in Piazza. Per l’occasione libero Guaraldi e gli altri, che me li son scordati legati dall’inizio, e faccio un enorme falò col parrucchino di Conte.
Abbiamo finito di soffrire ragazzi…il Bologna è Campione d’Italia!!!
Poi mi sveglio.
Sono sul divano, davanti a me c’è Gerry Scotti, ho la testa che fa male e la panza gonfia, perché in testa mi son rimasti dei sogni inespressi, nel cuore ho il magone rossoblù e nello stomaco una realtà pesante.
Molto pesante.
Pesante come sei pere.

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