mercoledì 22 maggio 2013

Io e Charlie




Bologna a luglio è un incubo di cemento e noia.
Sonnecchia nell’attesa della grande fuga che la svuoterà di anime e sguardi, troppo stanca per trasmettere incanto, troppo calda per regalare sorrisi.
E’ gentile solo alle 4 del mattino, quando ritrova un dignitoso silenzio e refoli di pace scendono dai colli a placare pensieri infausti.
Noi ci nuotiamo dentro respirando di rado, con movimenti lenti e accorti, per timore di finire sopraffatti se azzardassimo rivolte inaudite, e per rispetto, anche, di tali amare consuetudini.
Ma stasera è diverso.
Stasera c’è Charlie.

E’ in città già da alcuni giorni, e la sua presenza non è per nulla discreta. Lo vedo ovunque, mi guarda dai muri, dalle pagine dei giornali, dalla distesa infinita di colonne che disegna il dedalo dei portici.
Charlie è in città e il ricordo di lui mi si riaffaccia alla mente, con la lentezza di questi giorni di luglio. Riscopro il suo sguardo triste per il tempo che fugge, che si stravolge in contorsioni impreviste, che finisce…forse. Quella venatura amara di piccolo uomo non integrato.
Di uomo libero.
Ma stasera no, stasera Charlie non sarà triste, spazzerà via la noia aberrante di questa città con le sue movenze ingenue, e tutti i pensieri infausti si adageranno in un sorriso.
Stasera Charlie cercherà l’oro.
Esco di casa deciso a raggiungere la piazza per tempo, inforco la bicicletta con piglio giovanile e mi lancio sull’highway che porta verso il centro. Raggiungo la massima velocità. Su un muro una foto gigante di Charlie mi sorride: sa che sto andando da lui.
Io lo guardo fieramente, alzo un braccio per salutare e ricambio il sorriso di stima. Faccio anche un cenno affermativo col capo, così…per simulare complicità.
La distrazione è fatale: finisco stampato contro il lunotto posteriore di una Mercedes parcheggiata in doppia fila, con tanto di sorriso di plastica ancora spiaccicato sul mio viso contro il vetro.
Dentro, un bambino inizia a piangere, e non capisco perché visto che quello con la faccia frantumata sono io. Esce il padre, un energumeno alto un metro e novanta che non sembra intenzionato a verificare il mio stato di salute, anzi…pare intenzionato a peggiorarlo.
Mi vuole menare.
Mi rialzo, dissimulo il dolore che mi attanaglia e tenendo con una mano il naso attaccato alla faccia azzardo un “fcufa…”.
Il tizio è comprensivo, si limita a uno scapaccione che mi rimanda dritto contro il lunotto, il bimbo mi guarda e si rimette a piangere, cerco di tranquillizzarlo “è tutto a pofto piccolo…”, ma quello si mette a urlare ancora di più. Poi per fortuna il Mercedes riparte, io scivolo dal bagagliaio come un cartone animato e mi ritrovo appiattito al suolo.
Dal muro Charlie sembra sorridere un poco di più.
Mi alzo, guardo la bici: completamente inutilizzabile. Con gesto di stizza la lancio verso un bidone dei rifiuti che mi sta a fianco.
Sbadatamente non noto che nelle vicinanze vi è una vecchietta intenta a espletare le deiezioni all’adorato cane Sissy. La colpisco, ma appena appena, soltanto una lieve sfregatina di striscio, insomma non mi pareva il caso di prendersela tanto e scatenarmi dietro la bestiola.
Che tra l’altro è uno splendido esemplare di Rottweiler, dal portamento elegante e fiero ma spiacevole da avere alle costole in un tentativo di fuga.
Corro a perdifiato toccando una velocità di punta degna di una gazzella della savana, ma Sissy, maledetto il giorno della copula che t’ha generata, raggiunge quella di un ghepardo.
Mi rifugio in un negozio di kebab. Sissy si pianta davanti alla porta ringhiando con furia trattenuta ma, ahimè, pronta ad esplodere. Io ansimo sull’orlo del collasso, guardo il tizio del kebab e gli dico “due kebab”, poi guardo Sissy…mi rigiro verso il bancone “fai tre, meglio”. Da una locandina Charlie mi scruta, sorride sempre più…
Cinque minuti dopo sono seduto sotto il portico, Sissy ha già sbranato i suoi due kebab e guarda malizioso il mio. Dice “grrr”. Glielo cedo con un sospiro e azzardo una carezza sul capo.
La maledetta ringhia ancora.
All’orizzonte si profila la sagoma della vecchietta, che corre con baldanza antica e grida che Sissy certe cose non deve mangiarle. Agita il bastone da passeggio, si direbbe voglia menarmi pure lei.
Mi do alla macchia.
Riparto di slancio verso Piazza Maggiore, sono in ritardo tremendo, Charlie sarà già a passeggio sulle nevi dell’Alaska a cercare l’oro!
Prendo al volo un autobus, mi siedo e mi tocco il naso ancora dolorante, non sembra rotto anche se alcune gocce di sangue sono scese e si sono…
“Biglietto prego…”
Mi giro con mestizia...è proprio un controllore, con tanto di divisa ufficiale e sguardo sadico di chi ha trovato il pollo da spennare. Ricorda Giacomone quando ha le allucinazioni dalla fame e scambia Charlie per un pennuto.
Improvviso: “Guardi, ho avuto un piccolo inconveniente e sono dovuto salire in tutta fretta…”.
“Documenti”, fa lui, impeccabile nella sua dignità di esemplare in via d’estinzione.
“Le assicuro che sono qui per caso, io disprezzo i mezzi pubblici…”
Mi fissa severo: “Sono 125 euro…intende conciliare direttamente qui, sul posto?”.
Tento un raggiro, gli punto l’indice e lo guardo severo: “Lei non sa chi sono io!”.
Lui fa: “Per ora no, ma se me lo dice lo scrivo sulla contravvenzione”.
Sagace.
 “Senta, sto andando a vedere Charlie e sono in ritardo, sono disposto a fiondarmi giù dal finestrino, senza aspettare la fermata”.
Mi si siede al fianco, mi cinge le spalle con un braccio e ammorbidisce il tono, quasi lo colora di tinte pastello e petali di rosa.
“Fa caldo vero? E’ una maledetta città…ed è così difficile essere controllori in questi tempi senza dio…ma una volta non era così sai, una volta era diverso. Lascia che ti racconti…”.
La sua voce ora è melodia, mi culla e mi cattura, mi penetra l’anima con la dolcezza di un notturno di Chopin.
Guardo una foto di Charlie appesa sull’autobus, pare annuire comprensivo, e allora mi abbandono all’estasi, mi accoccolo sulla sua spalla protettiva di tutore dell’ordine e cedo.
Inizio a ronfare della grossa.
Mezz’ora dopo siamo al capolinea. Mi sveglio mentre Giorgio racconta le romantiche multe dei primi anni ’60, quando il tempo non era un vortice senza freni che incupisce lo sguardo e svilisce le parole.
Mi stiracchio e alzo lo sguardo un po’ scocciato, cerco di svicolare, forse faccio in tempo a catapultarmi in piazza e vedere la danza dei panini. “Beh Giorgio, devo proprio andare, su con la vita eh…”.
Mi blocca sul primo gradino, mi giro, mi guarda con un sorriso amaro e mi mette in mano la contravvenzione: “Per poco non ci scordavamo…”.
Gli rivolgo un sincero sorriso di plastica, butto lì un “meno male” e fuggo con la multa nel taschino.
Corro sotto i portici afosi fra foto di Charlie appese ovunque, mi torna alla mente la scena in cui lui e Giacomone mangiano uno scarpone e sorrido delle imberbi mie piccole disgrazie.
Arrivo vicino a Piazza Maggiore, sento musica e le risate di migliaia di persone: deve essere la scena della capanna in bilico sul precipizio, quando riescono a salvarsi all’ultimo istante e a ritrovare l’oro che li renderà ricchi.
Accelero, ho il cuore che si spezza per la corsa e per la pena.
Mi affaccio infine sulla piazza: ingentilita da un refolo precoce in discesa dai colli è un’unica distesa di anime, tutte col naso all’insù e il sorriso dei giusti. Un uragano di applausi si alza e sembra quasi sottolineare per scherno il mio arrivo.
Mi fermo ansimante, so che non ce l’ho fatta, penso che tornerò a casa, a riflettere su quanto Bologna non sia soltanto un incubo di cemento e noia.
Prenderò da uno scaffale la videocassetta de “La febbre dell’oro” e cercherò ancora il tuo sorriso amaro, vecchio adorato Charlie Chaplin.
Mentre la folla inizia a sciamare guardo il maxi-schermo. Lui non c’è più. C’è solo una scritta.
THE END

2 commenti:

  1. Io incontrai Charlie negli anni '70, verso la metà, diciamo. Precoce? No, lui era già morto da una ventina d'anni! Precoce io? e meno male! incontrarlo a quell'età vuol dire inchiavardarlo nell'anima e farlo diventare "la mia giovinezza", quella che sei sempre pronto a raccontare come l'epoca d'oro della vita. E lui, Charlie, è uno dei pilastri; lui e Nigth in Tunisia, lui e Moose the Mooche, lui e... Ora "Bird" vola alto e io non ho trovato ancora le mie ali. Ma mi sto impegnando, Charlie, mi sto impegnando.

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